Un tempo si pensava che il Fiume Sarno potesse essere stato sommerso dalle ceneri e dai lapilli eruttati nel 79 d.C,. In realtà i rilievi eseguiti hanno smentito questa credenza. Si concorda inoltre nel ritenere che il fiume un tempo, fosse molto più ricco di acque, al punto di consentirne la navigabilità tra Pompei e i centri dell’entroterra come Nola, Nocera ed Acerra.
A Scafati il fiume era attraversato dal Pons Sarni nello stesso luogo ove oggi sorge l’attuale ponte. Sembra che nei tempi la città di Scafati si sia sviluppata proprio intorno a questo ponte.
Il paese fin dall’epoca romana imperiale è stato un punto nevralgico per i traffici commerciali e di transito obbligato per chi proveniva o andava verso Nocera e Cava dei Tirreni. Gli itinerari alternativi, difatti, erano quelli di raggiungere Castellammare di Stabia e prendere via Adriana o di risalire il fiume fin quasi al centro abitato di Sarno.
L’enorme vantaggio di poter movimentare merci e derrate da e per l’entroterra, attraverso il fiume ha favorito il traffico dei prodotti agricoli disponibili in quantità ragguardevoli per la fertilità della piana e per la presenza di una miriade di strutture rurali.
Non a caso, fino alla famosa eruzione del 79 d.C. il porto di Pompei era sede di ingenti e fruttuosi traffici grazie ad un considerevole scambio di prodotti con l’interno.
In ordine all’etimo “Scafati”, la versione più accreditata l’attribuisce al mezzo (la scafa), con cui i viandanti venivano trasbordati da una sponda all’altra del fiume prima della costruzione del ponte.
Lo storico Procopio da Cesarea, segretario e medico illustre al seguito di Narsete e Belisario durante la guerra greco-gotica (530 – 550 d.C.), riferisce che il fiume non era guadabile né a piedi né a cavallo, sprofondandosi l’angusto suo letto tra sponde alte e scoscese; per cui Scafati e in seguito il suo ponte, assunse una funzione altamente strategica per il controllo dell’Agro.
Diverse battaglie sono state combattute nelle sue vicinanze e tante volte il controllo del ponte ha rappresentato un fattore risolutivo per la vittoria.
Molto probabilmente la costruzione di tale opera, all’inizio in legno, è da far risalire ad epoca romana. Purtuttavia, le prime notizie certe di combattimenti per il suo controllo risalgono al 1132, tra Ruggiero II, primo Re dei Normanni e i Conti di Alife e Capua.
Da antichi protocolli sappiamo che i Longobardi eressero addirittura delle opere fortificate per proteggerlo e che sull’isolotto vi era una torre, presumibilmente analoga a quella di Chiunzi, che assicurava, oltre alla funzione di presidio militare, anche quella di ritrasmissione di messaggi con sistemi ottici verso analoghe strutture presenti nell’Agro.
Nell’ottobre 1438 il Capitano angrese Angelo Concilio perse la vita, proprio sul ponte, unitamente a tanti paesani, per sbarrare il passo al Re Alfonso D’Aragona, che mirava a conquistare Salerno. E il 7 luglio 1460 Ferdinando I D’Aragona e Giovanni, Duca D’Angiò, si scontrarono nelle sue vicinanze. Alfonso III Conte di Celano e Barone di Scafati nel 1628 fece costruire una diga per consentire il funzionamento di alcuni suoi mulini posti di fronte l’attuale villa comunale (oggi è possibile notare sulla sponda del fiume ancora delle fabbriche attribuibili a quegli impianti); ma l’innalzamento delle acque causò lo straripamento del fiume in diversi punti e il formarsi di zone acquitrinose a monte delle chiuse che favorirono l’insorgere della malaria; tant’è che la popolazione di Scafati nel 1648 contava meno di duecento anime.
Con l’avvento dei Borbone sul trono di Napoli, la piana Sarnese fu oggetto di vari interventi fra i quali il ripristino del bacino del fiume e le prime bonifiche delle zone paludose.
Nel 1753 Pompeo Piccolomini, feudatario di Scafati, decise l’abbattimento dell’opera in legno e la costruzione di un ponte in muratura. Il fatto venne documentato da una lapide apposta sulla base del pilastro d’accesso. Tale lapide, rimossa dal sito originario in data imprecisata, era conservata, fino a pochi decenni or sono, nell’interno del palazzo comunale che all’inizio del secolo era ancora noto come palazzo Wenner, in onore di uno di quei pionieri svizzeri dell’industrializzazione delle nostre contrade e progenitore delle Manifatture Cotoniere Meridionali.
Questo il testo della lapide:
Pompeius Piccolomineus ab Aragonia Princeps Vallis, Dux Amalphige et Laconiae, Come Celani, Marchio Montis Auri, utilis Dominus terrarum Nemoris et Scaphati, Princeps S.R. Imperi ac Dominus absolutus Status Nacodiensis in Germania, ex diplomate Regis Catholici Caroli, tunc utriusque Siciliae Regis atque ex ordine Regiae Junctae viarum et pontium, et unius anni spatio taxato, firma tamen remanente antiquorum iurium exactione,
mutatis in marmora lignis, pontem propriis expensis extruit a fundamentis.
Anno reparatae salutis MDCCLIII
Hoc scito, admirare et vale, Viator
Il moltiplicarsi dei sistemi e delle vie di comunicazione (nel 1844 la ferrovia attraversò l’Agro collegando Napoli a Nocera, passando per Scafati), fece sì che l’importanza strategica del paese e del suo ponte decadesse.